Il piccolo mondo di Madre Diletta (terza parte)

Terza ed ultima parte (per ora)
A.F.

La monaca cercò di divincolarsi ma fu inutile. Il tenente italiano cercò di intervenire, protestando e cercando di aiutarla, ma il soldato francese più giovane si parò davanti a lui intimandogli di restare a presidiare il crocevia. Giunti al vecchio rudere il francese intimò a Madre Diletta di spogliarsi per perquisirla, e al suo fermo rifiuto le sferrò un violento schiaffone che la fece barcollare. A quel punto ella capì che le cose si stavano mettendo molto male e iniziò a chiamare aiuto nella speranza che qualcuno nei paraggi la sentisse. Per tutta risposta il francese le diede allora un pugno in pieno volto, la monaca a quel punto cadde a terra sanguinando dal naso e da un labbro. Il soldato le si buttò addosso e iniziò a sollevarle le vesti, cercando di denudarla, era molto più forte di lei e ci stava riuscendo, non riusciva a fermarlo, allora raccolse tutte le sue forze e colpì il francese con una ginocchiata nelle parti basse, questi mollò un attimo la presa imprecando per il dolore. La Badessa annaspando per sottrarsi da sotto il corpo del soldato, prese contro ad uno dei mattoni del muro, che era quasi completamente crollato, e che si trovavano al suolo. Lo raccolse e lo sbatté con forza sulla testa al soldato. Il vecchio mattone si ruppe in due, e il francese iniziò ad urlare e a tenersi la testa rotta con entrambe le mani. Il soldato giovane allora irruppe all’interno del rudere e vide quello che stava succedendo, puntò il proprio fucile sulla monaca che piangendo che si proteggeva il viso con le braccia… lo sparo fu assordante. Suor Diletta pensò di essere morta, ma invece fu il soldato francese a cadere fulminato da un proiettile alla testa. L’ufficiale della Guardia Nazionale, ritta in piedi sull’antro della porta sgangherata, teneva ancora la pistola fumante in pugno. «E’ questa quindi la vostra rivoluzione, branco di cialtroni?» gridò l’italiano entrando nel casolare «Perfida razza di depravati, e io che credevo nei grandi valori del progresso, della libertà e dell’uguaglianza…» continuò parlando a sé stesso, sconsolato. Il soldato francese al suolo intanto si stava riprendendo e fece per estrarre la pistola dalla cintura, ma l’italiano estrasse la sua spada rapidamente e con una stoccata fulminea lo trafisse alla base del collo. «Sporchi pezzenti, mangiarane e ubriaconi!» lo apostrofò l’italiano «Ma adesso ve l’insegna il conte Bevilacqua l’educazione, altroché Egalité e Fraternité!» continuò ad inveire pulendo la lama insanguinata sulla giubba del soldato morto. «Questa divisa adesso mi fa orrore» aggiunse spogliandosi della giacca verde e gettandola in un angolo tra la polvere. Poi si avvicinò a Diletta, ancora al suolo, scossa e dolorante per le percosse ricevute e che stava cercando di rivestirsi. Le porse la mano dicendole «Venite Reverenda Madre, ho molte cose da farmi perdonare, ma oggi ho capito il grande inganno nel quale ero caduto. Perdonatemi se potete!». «E come potrei non perdonarvi signor conte, mi avete salvata la vita!» rispose lei aggrappandosi al suo braccio e sollevandosi da terra. «Ma ora cosa facciamo? Saremo ricercati per omicidio, nessuno crederà alla nostra innocenza! Dobbiamo andare subito al monastero e prepararci al peggio!». «Reverenda Madre» le rispose il conte Bevilacqua, «Ero stato incaricato dal Direttorio di pattugliare questa zona perché è infestata di briganti, o meglio di Insorgenti, come li chiama il popolo, e mi avevano affibbiato quei due ubriaconi come truppa. Ma visto come stanno realmente le cose… e vi dico con tutta franchezza che fatti come quello accaduto oggi ne ho già sentiti raccontare altri, veramente troppi altri, per i miei gusti, io con la rivoluzione, i giacobini e tutte le altre corbellerie che ci raccontano, da oggi ho definitivamente chiuso!». Il conte raccolse quindi le armi dei soldati morti e le avvolse nella sua giacca, poi, insieme alla Badessa, si avviarono verso il calesse. Nascose le armi sotto la panca e sedette a fianco della monaca prendendo le redini della cavalla ed avviandosi verso il Monastero del Poggetto. «Andiamo, presto, voi dovete avvisare le vostre consorelle di quello che è successo, e mettervi in salvo, e io devo cercare gli Insorgenti, ma questa volta per unirmi a loro nella lotta contro i francesi!». Suor Diletta si sentì sollevata, la Madonna, Maria Immacolata, le aveva mandato la salvezza. Si fece il segno della croce pregando e ringraziandola. Ma adesso doveva essere forte e degna di essere la Badessa del monastero, avrebbe mandato le consorelle presso la curia, dove il Vescovo avrebbe trovato loro una nuova sistemazione, e poi anche lei, visto che gli ordini monastici erano ormai stati soppressi per legge, avrebbe raggiunto gli Insorgenti per aiutarli nella loro buona battaglia. Sicuramente avrebbero avuto bisogno di cure e anche di conforto spirituale. Una nuova pagina si apriva davanti a lei, aveva capito che poteva fare molto per contrastare il male che aveva colpito il Dipartimento del Basso Po. Il suo piccolo mondo all’interno del monastero era ormai un capitolo chiuso della sua vita, adesso il mondo era diventato molto vasto e altrettanto pericoloso, così pieno d’insidie e di sacrifici, ma pensò che ne valeva la pena!

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